martedì 3 dicembre 2013

#SV commenta il #Gn3nteday e il #V3Day

È sintomatico che uno dei discorsi meno di pancia di @M5spiuL sia stato sufficiente a far scattare nel M5S l’eterna reazione pavloviana della difesa acritica di Grillo.

La maniera più errata di riassumere un giorno intero di proposte (più che proteste) è limitarsi ai “Vuole attaccare Peppe” e ai “Tramano per il #gomblotto”. Entrambi gli affondi, peraltro, sono tanto noti quanto leciti (soprattutto il secondo). @M5SpiuL parlava già di #gomblotto (che non vuol dire solo gomblottare: significa permettere agli italiani di conoscere da dentro i #gomblotti della #kasta ai danni del M5S) già da mesi e l’attacco a Peppe (ammettendo che è una provocazione politica e non trolling) lo aveva già posto in atto da tempo. Quando @M5SpiuL ha attaccato Peppe, peraltro, tutta la piazza ha fischiato: segno ulteriore che Peppe è intoccabile per il M5S e buona parte dei media, ma non per la maggioranza di quei 9 milioni (almeno) che hanno partecipato al #Gn3nteDay. E che verosimilmente parteciperanno al #GnenteD4y.

Se il #Gn3nteDay doveva anche servire per contarsi, la gremitissima Piazza virtuale del #Gnente dice che i sondaggi (M5S attorno al 2%) non paiono sbagliare. Un noto adagio elettorale rammenta che a piazza piena corrisponde spesso urna vuota, e in Basilicata pochi giorni fa non andò diversamente.

Un #Gn3nteDay il 31 Novembre era un azzardo. Sabato c’era nevischio. Ma il tempo è stato clemente: freddo pungente, ma #gnente pioggia. È rimasta la “G” iniziale anche nel terzo capitolo delle adunanze. Sta per “Gnente”. La protesta c’è ancora, e con essa la rivendicazione di un essere orgogliosamente diversi. I partiti padronali come il M5S e Forza Italia sono “zombie a cui dare l’estrema unzione”, Peppe è un patriarca che rimarrà “solo nel tradire l’Italia”, naturalmente fra qualche anno, dopo aver fatto il pieno di voti dei fuoriusciti dal PDL a cui si ispira e di cui vuol prendere il posto.

@M5SpiuL ha paragonato il Movimento 5 Stelle a un’ameba insignificante che, pur di sopravvivere, si struttura in mille microcellule pur di occupare ogni spazio. Ha citato anche un refrain degli spettacoli di controinformazione di Peppe 1993-2007: “La corruzione semantica” che il potere usa per abbindolare le persone. Basti pensare all'uso distorto delle parole "Cittadini", "Movimento", Megafono", "portavoce". L’attenzione meticolosa al significato reale delle parole è un altro tratto distintivo del @M5SpiuL del #Gn3nteDay. Per questo, più degli affondi a Peppe e degli sberleffi marginali a Crimi e Taverna, il momento più significativo è stato quando @M5SpiuL ha esortato i ggiovani a non scappare all’estero ma a “cospirare” per il #Gnente.

Lo slittamento semantico attuato da @M5SpiuL ha fatto scoprire alla ggente che la agognata “rivoluzione culturale” – la più grande utopia e dunque la più grande debolezza dei 5 Stelle – coincidesse con una sorta di “rivoluzione dell'ignoranza”. Un ossimoro, che è poi la versione 2.0 del concetto di appartenenza a un partito di stampo parafascista. E se ne respirava tanta, in piazza, il giorno dopo il #Gn3nteDay, di parafascismo. Entusiasmo, vitalità e poco (quasi nulla) pensiero.

Una piazza per nulla minacciosa e più acritica del previsto, innamorata di Grillo (Casaleggio non lo nomina nessuno ma in realtà comanda lui) e per questo disposta ad accettarne ogni cazzata. Se l’agorà di ieri rifletteva l’elettorato dei 5 Stelle, i duropuristi non raggiungono il 10%, gli altri volevano vedere uno spettacolo di Peppe gratis. De gustibus, chi siamo noi per giudicare?

Il V-Day bolognese dell’8 settembre 2007 resta un apice insuperabile di entusiasmo e basta, ma il gap rispetto al presente non è abissale. E anzi c’era più inutilità a Genova che a Torino il 25 aprile 2008. Ascoltando Grillo da sotto il palco, Paola Taverna si è girata verso Luigi Di Maio e gli ha sussurrato: “Cosa abbiamo combinato, cosa abbiamo combinato”. Cosa hanno combinato? Ancora? Ecco un’altra novità del terzo Vaffa Day: Grillo non è più l’unico latore di supercazzole. Non tanto perché ha condiviso il palco con altri relatori gomblottisti(accadeva anche nei V-Day precedenti), ma perché adesso ci sono anche i parlamentari. Perculati non come star (tipo Riotta o Adinolfi), ma come persone comuni che gridano ciò che gli elettori vorrebbero che non dicessero. L’entusiasmo che era appannaggio del “Popolo della Libertà” sembra in buona parte trasmigrato nei 5 Stelle. Orgogliosamente “populisti” e ammaliati da un’idea di "rivoluzione" (va da sé violenta sì ma solo a parole ) che nulla c’entra col riformismo jovanottiano incarnato da Renzi ma è più vicino alla satira politica del Bagaglino e all'indignazione spettacolo di Striscia la Notizia.

I parlamentari accoglievano i cittadini nei gazebo in fondo alla piazza, ma Grillo – ben lontano dall’abdicare – ha quasi preannunciato il passaggio di consegne: “Siete bravissimi, io ormai ho fatto il mio tempo ma non me ne andrò mai”. È stato un Grillo deliberatamente a basso tono, per quanto uno come lui possa esserlo. Qualche battuta quasi tenera (“Mi è calata la vista, e magari fosse calata solo quella”). Il desiderio di cavalcare solo la protesta (ma non assecondando il coro “Tutti a casa” per ché quando gli ricapita più una situazone del genere), ostentando un desiderio propositivo di riforme anzitutto economich (con tanto di grafici - supercazzola sul maxischermo). Ricette ora convincenti e ora meno, che piaceranno ai delusi da Berlusconi e Lega e accresceranno l’astio della destra istituzionale (e dunque poco destra). Grillo ha lasciato che sfilassero in altri lidi eccellenze internazionali e poi ha lasciato sul palco Dario Fo come testimonial del disfacimento della lucidità dopo una certa età. Ha urlato, sempre. E sussurrato, mai. Ha detto che, se Pertini fosse ancora vivo, starebbe con lui. E forse ha esagerato, come quando cinque anni fa si paragonò ai partigiani. Sa però, lui come chi lo ha applaudito, che Pertini lo avrebbe cacciato con mazze e pietre. Come sa, lui come chi lo ha applaudito, che ogni epoca ha le sue resistenze. I suoi partigiani. Le sue appartenenze. 

E che se si è né a destra né a sinistra si è (molto) a destra. 

#SV